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Discorso annuale sullo stato della nazione di Viktor Orbán

Buongiorno, egregio Presidente dell’Assemblea Nazionale, gentili Signore e Signori!

E’ da tanto tempo che non ci vediamo, è un piacere essere di nuovo insieme. L’anno scorso a causa della pandemia del coronavirus è saltato il nostro incontro tradizionale. La tentazione è forte di adagiarci sulla felicità del momento, invece dobbiamo parlare di cose serie, dopotutto siamo a 50 giorni dalle elezioni.

In un discorso sullo stato del paese dobbiamo sempre renderci conto di due cose: chi siamo noi e di cosa vogliamo parlare. Per la nostra comunità questo finora non è stato un problema. Nemmeno per me personalmente, dopotutto uno che ha passato 16 anni all’opposizione e 16 anni al governo, con cinque figli e cinque nipoti alle spalle dovrà pur sapere chi egli sia. Noi, che siamo convenuti qui oggi, siamo persone diverse, ma abbiamo una cosa in comune: siamo ungheresi, con la passione dell’Ungheria. Adesso però abbiamo appreso dalla sinistra che non è così: noi in realtà siamo funghi. Funghi che sono tenuti nell’oscurità ed alimentati con sterco. Ci è stato anche insegnato che noi, oltre ad essere campagnoli e rustici, non riusciamo a risolvere neanche un cruciverba e secondo la sinistra alle 10 di mattina siamo già ubriachi, oltre ad essere fuori di cervello. Abbiamo saputo che, poiché siamo di Fidesz, siamo per forza aberranti. Abbiamo saputo dalla sinistra che nella Fidesz ci sono anche ebrei, anche se non tanti. Abbiamo saputo anche che allo stesso tempo di gay ce ne sono in abbondanza. La sinistra ha fatto i calcoli: ebrei troppo pochi, gay invece troppi. Come siano arrivati a questo risultato è un mistero. Ho riflettuto su quello che ha detto la sinistra e sono arrivato alla conclusione che i funghi ci sono davvero. Perché così tante scemenze possono essere ammassate solo sotto l’effetto di funghi allucinogeni. Ma può anche darsi che si tratti di una strategia, una nuova strategia politica. Offendere a morte le persone, sbeffeggiare le persone con disabilità, calpestare quelli che vivono in campagna, minacciare i pensionati e disprezzare le donne. A memoria d’uomo non si è mai parlato in questo modo agli ungheresi. Non si riesce a credere alla proprie orecchie. Se questa è una strategia, allora è un marchio globale. De Gaulle forse aveva ragione: tutti sanno parlare, ma un leader sa anche quando tacere. Comunque è imbarazzante – e non poco. Anche per noi, perché la sinistra, pur essendo com’è, fa sempre parte della nazione, come la sorte avversa nell’Inno nazionale. Ma per loro è ancora più imbarazzante. Gyula Horn si rivolta nella tomba, Medgyessy non riesce a guardare abbastanza dall’altra parte, quelli della SZDSZ fissano le punte delle loro scarpe frastornati. Gli unici non disturbati sono Gyurcsány e Bajnai, dopotutto sono stati loro a scatenare questo show sul paese. Sono stati loro a metterlo davanti a loro sul palcoscenico per nascondere il fatto che in realtà sono loro che si preparano a tornare: i leader del governo più corrotto dell’Ungheria, Gyurcsány e Bajnai – rafforzati da un esperto di funghi. Questa dovrebbe essere quindi la squadra che vorrebbe presentarsi per la guida del paese. Questa è l’offerta della sinistra per l’Ungheria. Uno non sa se piangere o ridere.

Gentili Signore e Signori!

Anche voi li avete vissuti, lasciamo alle nostre spalle due anni difficili. Pandemia, ondate di migrazioni di popoli, crisi energetica, esplosioni d’ira sovrane di Bruxelles, il soffio gelido della guerra fredda sulla nostra nuca e l’ombra inquietante della guerra sopra l’Europa orientale e centrale. In questa situazione abbiamo dovuto organizzare la difesa contro il coronavirus. In queste condizioni abbiamo dovuto rilanciare l’economia, sostituire i posti di lavoro persi, offrire appoggio e sostegno ai giovani, alle famiglie e agli anziani. Questo dovrebbe essere troppo anche di gnocchi, figuriamoci di compiti. Grazie per il lavoro sovrumano dei medici, degli infermieri, dei soccorritori, degli organizzatori delle campagne vaccinali e dei funzionari del comitato tecnico-scientifico! Un ringraziamento al Presidente Áder e a sua moglie per il lavoro con cui aiutano i bambini resi orfani da questa pandemia. Grazie, grazie anche per questo, Signor Presidente!

Cari Amici!

Una pandemia che colpisce così dal nulla è anche una prova di carico, uno stress-test. Mette ognuno di noi sotto pressione. Mette sotto pressione anche le politiche e le economie dei paesi. Avete potuto vedere anche voi che lo stato ungherese se l’è cavata brillantemente. Il parlamento è rimasto in seduta tutto il tempo, ha fornito al governo la libertà d’azione e gli strumenti necessari per una difesa efficace e allo stesso tempo è riuscito a tenere la situazione sotto controllo. Le autorità epidemiologiche, gli ospedali, il troppo spesso disprezzato e sottovalutato sistema sanitario ungherese hanno dato un’eccellente prova di sé, la pubblica amministrazione, la polizia e i militari hanno lavorato insieme unitamente, velocemente e con disciplina. Il governo è rimasto unito e calmo, la capacità di agire del paese non è stata in pericolo nemmeno per un momento, il nuovo ordine costituzionale alla guida dello stato, introdotto nel 2011, ha superato la prova d’esame con successo. In Europa i governi sono caduti uno dopo l’altro, coalizioni si sono sciolte, le norme cambiavano con un ritmo impossibile da seguire, migliaia di dimostranti venivano fermati dalle forze pubbliche. La fiducia della gente è lentamente, ma certamente evaporata. Da noi non è successo niente del genere. A casa nostra siamo riusciti a mantenere, anzi anche aumentare la fiducia pubblica, perché la maggioranza delle persone ritiene che l’Ungheria si è difesa bene. Dobbiamo anche dire, perché è la pura verità, che l’Ungheria è stata assalita non solo dal virus, ma anche dalla sinistra, che sperava di far cadere il governo. Quando c’era bisogno di chiudere, pretendevano di aprire, quando si doveva aprire, richiedevano la chiusura, gridavano alla dittatura, organizzavano campagne di diffamazione all’estero, diffondevano video e notizie false e allarmistiche.

Cari Amici!

Questa è una grave irresponsabilità, o anche qualcosa di più. Non esitiamo ad usare parole forti. Sfruttare la paura di milioni di famiglie in una pandemia per far cadere il governo è indifendibile di fronte a qualsiasi tribunale. Il giudizio arriverà 2 volte: uno il 3 aprile, l’altro per ordine del buon Dio.

Gentili Signore e Signori!

Dal 2010 non solo abbiamo riorganizzato lo stato, ma abbiamo anche costruito una nuova economia ungherese. Ora anche quest’ultima è stato messa alla prova. Nel 2010 abbiamo deciso di dare alle persone lavoro invece che sussidi. Chi vuole lavorare ha un lavoro. Nonostante l’epidemia, mai così tante persone hanno lavorato in Ungheria dal cambio di regime, con oltre un milione di lavoratori in più rispetto al governo di Gyurcsány. Inoltre, stanno lavorando ad alto livello, perché abbiamo bisogno di produrre beni e servizi competitivi che possano essere venduti sui mercati internazionali. Questa è una questione vitale, perché abbiamo costruito un’economia basata sulla vendita di prodotti all’estero, cioè sulle esportazioni. L’anno scorso siamo riusciti a battere clamorosamente un altro record: il volume delle esportazioni dell’Ungheria è salito a 119 miliardi di euro. Per mettere questo in prospettiva, siamo al 95° posto nel mondo in termini di popolazione, ma il volume del nostro export è al 34° posto. E in termini di esportazioni pro capite, siamo ora 27esimi. Teniamo conto di tutto questo!

Nel 2010 abbiamo deciso di “magiarizzare” i settori chiave. Per questo riduciamo la proprietà straniera sotto la soglia del 50% nel sistema bancario, nei media e anche nel settore energetico. Vorrei ricordare a tutti: siamo partiti dal 60% nel settore bancario, 66% nei media e 71% nell’energia, ma oggi la proprietà ungherese è diventata la maggioranza ovunque. Durante la pandemia del coronavirus – e non è cosa da poco – siamo riusciti a mantenere ungherese ciò che avevamo preso in mano ed abbiamo persino continuato a riprenderci le società chiave, questa volta il fornitore di gas ed elettricità della Trans-Tisza. Le parti “kuruc” sono libere, ora è il turno della Pannonia. A prescindere dalla crisi, abbiamo continuato e persino incrementato gli investimenti esteri del capitale ungherese. Forse ricorderete che avevamo già stabilito in precedenza che le società ungheresi che operano all’estero devono portare a casa tanto profitto quanto le società straniere che operano qui portano fuori dall’Ungheria. Questo è l’unico modo per mantenere l’economia ungherese in equilibrio. Questo obiettivo è ancora molto lontano, ma non siamo arretrati neanche durante l’epidemia, siamo andati avanti, non indietro. La Mol si sta espandendo, ha acquistato 417 stazioni di servizio anche in Polonia. La OTP è presente in ogni parte dei Balcani. Una società ungherese costruirà il sistema di pedaggio autostradale dell’Indonesia, paese di 270 milioni di abitanti. Nella Repubblica Ceca, la Magyar Villamosművek fornisce energia a 1 milione e 600 mila consumatori. Ma esiste già un impianto di lavorazione di pollame ungherese in Vietnam, un impianto di mangimi e un impianto di bitume di gomma in Russia e una società di telecomunicazioni di proprietà ungherese in Albania e Montenegro. Forza Ungheria!

Tutto questo non è da poco, ma da parte mia considero il più grande risultato dell’economia ungherese durante la crisi il fatto che durante la pandemia le famiglie non hanno dovuto tirare il freno a mano. Infatti, è stata lanciata l’esenzione fiscale per gli under 25, alle famiglie viene riconosciuto il rimborso dell’Irpef ed è appena arrivata pochi giorni fa la tredicesima mensilità per le pensioni. La tredicesima non è solo un risultato economico, ma anche un vero e proprio risarcimento. Stiamo restituendo ciò che il governo Gyurcsány-Bajnai ha tolto. “Fu tagliato da un bambino turco, guarito da un bambino ungherese”. Il Paese ha lavorato per 12 anni per riparare lo storico peccato della sinistra. Rendiamo onore a questo. Anche gli ungheresi oltre confine hanno potuto sentire che sono parte di noi non solo in tempi sereni, ma anche nei momenti di difficoltà. Abbiamo continuato i loro programmi, abbiamo costruito già 170 nuovi asili oltre i confini e ne abbiamo rinnovati 790. Forza ungheresi!

E, come abbiamo sempre fatto dal 2010, siamo andati per la nostra strada durante la crisi, non usando le ricette di Bruxelles per far ripartire l’economia, ma il rimedio Matolcsy-Varga. Non abbiamo schiacciato il freno, non siamo corsi ai ripari, ma abbiamo coraggiosamente sorpassato in curva. Abbiamo rischiato. Il livello di rischio non era da poco, ma si sa, in realtà non lo è mai. In politica economica, prima o poi, i “prudenti” finiscono sempre in coda. È come andare in bicicletta. Se non si pedala, si cade. Beh, non siamo caduti. Nel 2021 abbiamo già avuto una crescita del 7%, più che compensando il calo dovuto alla pandemia. Un discorso annuo, per quanto sia secco, Signore e Signori, deve essere tradotto anche in cifre. Siamo riusciti a mantenere il debito pubblico al di sotto dell’80% ed entro la fine dell’anno lo porteremo al 77%. Nel frattempo, il debito pubblico della Francia è salito al 115%, quello spagnolo al 120% e quello italiano al 154%. E quello che pochi avrebbero pensato che sarebbe successo – io certamente no – il debito pubblico dell’Austria ha superato quello dell’Ungheria. Nonostante la pandemia, il salario minimo aumenterà del 20% nel 2022 e le tasse sul lavoro sono state ridotte del 4%. Abbiamo concluso il grande accordo nazionale, che includeva i sindacati, i datori di lavoro, il governo e il parlamento che ha sancito l’accordo. Tranne, ovviamente, la sinistra, che non ha votato nulla. Vi invito a ricordare il giorno delle elezioni che la sinistra non ha votato la legge sul coronavirus su cui si basano le misure di contenimento. Non ha votato per la moratoria sui crediti. Non ha votato per l’aumento del salario minimo. Non ha votato per lo sconto fiscale alle famiglie. Non ha votato per l’esenzione fiscale per i giovani sotto i 25 anni. E non ha votato neanche per la riduzione delle tasse. Spero che gli elettori invece non li votino alle elezioni. Per favore, ricordate anche che il governo Gyurcsány-Bajnai ha preso una strada completamente diversa da quella che abbiamo fatto noi. Loro sono andati indietro. Hanno tolto la tredicesima, hanno tolto un mese di stipendio, un anno di assistenza all’infanzia, hanno abolito il programma di assistenza per l’acquisto di una casa, hanno abolito gli sgravi fiscali per le famiglie, hanno reso l’assistenza sanitaria a pagamento, hanno raddoppiato il prezzo dell’elettricità e triplicato quello del gas naturale per le famiglie. Ma adesso il 3 aprile potete presentare a loro il vostro conto. Per riassumere, con la dovuta modestia, ma con fiducia, possiamo dire che non abbiamo rinunciato ai nostri obiettivi neanche durante la pandemia, ed è per questo che l’Ungheria uscirà dalla crisi attuale più forte di come ci è entrata.

Cari Signore e Signori!

Per quanto riguarda il futuro, ci sono questioni pesanti da affrontare. Ci sarà una guerra? Ci saranno soldi a sufficienza? Ci sarà un’altra pandemia? Ci sarà un’altra ondata di migrazione?

Ci sarà una guerra? Adesso ne parlano tutti. La situazione è cupa e fragile. Anche voi conoscete la geografia, l’Ungheria è circondata da regioni instabili: i Balcani occidentali e l’Ucraina. Nei Balcani sono presenti anche i big: gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la Russia, i turchi. E tutto questo ai nostri confini. Non dimentichiamo che la Bosnia si trova a 70 chilometri dai confini meridionali dell’Ungheria e anche attualmente 665 soldati ungheresi sono stanziati nei Balcani. La ricetta per la riconciliazione e la pacificazione dei Balcani è semplice: una rapida adesione all’UE, un’intesa con la Serbia e un piano Marshall dall’UE. Peccato che questo non stia succedendo. L’Ungheria si è rafforzata negli ultimi anni. Ecco perché vi dico che non staremo a guardare a braccia conserte che le strategie politiche sbagliate delle superpotenze causino danni nelle nostre vicinanze. Né Berlino né Bruxelles possono perseguire una politica balcanica contro gli ungheresi, e nemmeno senza di noi. Non accetteremo decisioni di Bruxelles contrarie agli interessi dell’Ungheria. E poiché è nell’interesse dell’Ungheria portare la pace, lo sviluppo economico e la regione stessa nell’Unione Europea, sono da escludere sanzioni, politiche punitive, lezioncine o qualsiasi altro tipo di arroganza da parte delle grandi potenze. Dobbiamo parlare con i Balcani, non dei Balcani ed agire insieme a loro. I Balcani, come sempre, sono infinitamente complicati, ma una soluzione pacifica che sia accettabile per tutti è possibile. Tuttavia, il conflitto tra Russia e Ucraina è più urgente. Anche qui gli interessi dell’Ungheria sono chiari. Innanzitutto la guerra deve essere evitata. Ce lo dice non solo l’interesse dell’umanità, ma anche quello ungherese. Pensateci: in caso di guerra, dall’Ucraina arriverebbero centinaia di migliaia, se non milioni, di profughi e ridisegnerebbero fondamentalmente la situazione politica ed economica in Ungheria. Ricordate, negli anni ’90 arrivarono decine di migliaia dai territori dell’ex Jugoslavia e neanche quello è stato facile. Molti di più ne arriverebbero dall’Ucraina, probabilmente senza speranza di ritorno. Noi stiamo lavorando per la pace, ma ovviamente gli organi statali designati hanno iniziato a prepararsi. Abbiamo anche uno scenario e un piano d’azione appropriati in caso di guerra.

Signore e Signori!

A causa delle dimensioni, della forza militare ed economica dell’Ungheria, non siamo in grado di esercitare un’influenza decisiva o almeno imprescindibile sulle relazioni tra l’Unione Europea, l’Occidente e la Russia. Ma questo non è motivo di inerzia. Noi giochiamo a carte scoperte e non abbiamo mai nascosto il fatto che riteniamo sbagliata la strategia di Bruxelles e le sanzioni contro la Russia un vicolo cieco. Sono convinto che senza la cooperazione economica con la Russia, l’Europa rimarrà anemica e pallida. Astenersi dalla cooperazione, consegnando quindi le enormi opportunità economiche completamente ai cinesi è un errore strategico. Ma negli ultimi anni mi sono reso conto anch’io che non possiamo cambiare la direzione della politica estera dell’Unione Europea, e quindi, anziché condurre dibattiti inutili, abbiamo sviluppato e gestiamo un modello ungherese. Siamo membri della NATO e dell’Unione Europea e allo stesso tempo manteniamo un rapporto politico e relazioni economiche equilibrate con la Russia. L’esempio ungherese dimostra che questo è possibile.

Signore e Signori!

La guerra, sia fredda che calda, le tensioni e i conflitti est-ovest finora hanno portato solo problemi, sofferenze e gravi perdite all’Europa centrale e all’Ungheria. È comprensibile non volere entrare di nuovo in questo fiume. Ecco perché ho intrapreso una missione di pace a Mosca. Bisogna rompere il ghiaccio delle relazioni congelate e aprire la strada ai negoziati. È vero che l’Ungheria non ha un rompighiaccio a propulsione nucleare, ma abbiamo almeno un piccone e a volte basta anche una crepa per portare a galla il buon senso. È a vantaggio di tutti noi che i leader europei ora si passino la maniglia della porta a Mosca. Certo, anche noi ungheresi abbiamo imparato che la sicurezza non è una questione di amicizia, ma di forza. Ne derivano due cose. Innanzitutto, deve esserci sempre uno spazio dalla larghezza e profondità adeguate tra l’Ungheria e la Russia. Questa è l’Ucraina oggi, la cui indipendenza e vitalità sono per questo un interesse diretto dell’Ungheria. In secondo luogo, la forza militare dell’Europa deve essere almeno paragonabile a quella della Russia; finché non sarà così, non saremo noi europei a decidere la sicurezza dei popoli d’Europa, ma gli americani e i russi. Pertanto, l’Ungheria sostiene lo sviluppo delle capacità militari europee e una forza di difesa comune. A tal fine, abbiamo intrapreso la costruzione dell’esercito ungherese moderno e dell’industria della difesa. Purtroppo non siamo ancora giunti ad una svolta. L’industria militare deve ancora essere collegata all’economia; le università, gli istituti di ricerca e i luoghi dell’innovazione devono essere collegati e, naturalmente, abbiamo bisogno di giovani pronti a servire e, se necessario, difendere la propria patria. Il denaro che i militari hanno appena ricevuto è una buona espressione del nostro apprezzamento ed un serio riconoscimento da parte della società, ma di per sé non è sufficiente. Abbiamo ancora molto lavoro da fare. Abbiamo bisogno di una forza nostra, abbiamo bisogno di un esercito nazionale. Nessuno, nessuno dei nostri alleati rischierà la propria pelle per l’Ungheria al posto degli ungheresi. A prescindere dall’appartenenza alla NATO, non c’è nessun alleato al mondo che protegga il nostro paese al posto nostro. Accanto a noi sì, magari con noi, ma non certo per noi. Se non siamo abbastanza forti, l’Ungheria non potrà essere al sicuro. Sappiamo da Clint Eastwood: se c’è un’arma nelle vicinanze, è meglio che sia in mano nostra.

Signore e Signori!

Se i soldi ci saranno? La Lady di Ferro diceva: il problema dei socialisti è che prima o poi i soldi degli altri finiscono sempre. E infatti: prima tolgono i soldi a chi li ha guadagnati con tasse elevate, poi li spendono velocemente, quindi devono prendere prestiti che poi vogliono ripagare con i soldi che toglieranno di nuovo al popolo con tasse ancora più alte. Alla fine, sia le tasse che il debito saranno alle stelle e l’economia crollerà sotto questo peso, giù per terra. Disoccupazione, austerità, montagna di debiti, FMI, niente soldi. Quando governa la sinistra, i soldi non ci sono mai. Questo è sempre il finale della canzone. Oggi, invece, i progetti di sviluppo in corso ammontano a migliaia di miliardi di fiorini, il numero di poveri e il tasso di povertà stanno diminuendo e la classe media si sta rafforzando. Il salario minimo di oggi è più alto del salario medio sotto i governi Gyurcsány e Bajnai, quindi i soldi ci sono e, se possiamo continuare a governare, ci saranno anche in futuro. Per lo sviluppo rurale spenderemo il triplo di quanto abbiamo fatto finora. In un’economia basata sul lavoro, il denaro viene dal lavoro. Le tasse sono basse, i redditi aumentano, la gente compra e investe, quindi conviene lavorare. Potremmo già brindare alla vittoria con musica tzigana se le economie europee non fossero già state schiacciate dall’inflazione, ovvero dall’aumento dei prezzi, che notoriamente richiede risorse. Negli Stati Uniti, l’inflazione ha raggiunto il 7,5%, un record mai visto da 40 anni e ci sono paesi dell’UE in cui l’inflazione supera già il 10%. Lo stesso sarebbe accaduto qui se non proteggessimo costantemente le famiglie. La situazione straordinaria richiedeva decisioni straordinarie, quindi non siamo rimasti inerti a guardare i prezzi a salire, ma abbiamo introdotto una politica di quattro stop: stop al caro bollette, stop al prezzo del carburante, stop agli interessi e stop al prezzo del cibo. Una cosa simile non accadeva in Ungheria da trent’anni. Oggi le cose stanno così: in Ungheria abbiamo i prezzi dell’elettricità più bassi dell’UE e il terzo prezzo più basso del gas. Il taglio delle bollette sta funzionando, la Francia e la Spagna hanno appena iniziato a copiarlo. Il prezzo del carburante è il quinto più basso da noi. Oggi paghiamo 480 fiorini, mentre senza il blocco dei prezzi saremmo ben oltre i 500 fiorini. Lo stop dei prezzi ha funzionato anche in questo caso, quindi lo stiamo prorogando per altri tre mesi. Il congelamento dei tassi d’interesse protegge le famiglie con mutui e il congelamento dei prezzi del cibo aiuta tutti, ma soprattutto le persone con un basso reddito.

Signore e Signori!

Il taglio delle bollette riduce l’inflazione dell’1,5%, il blocco dei prezzi del carburante dello 0,5% e lo stop dei prezzi del cibo dello 0,9%. Secondo un recente rapporto pubblicato dall’UE, l’inflazione in Ungheria sarà del 5,4% quest’anno e del 3,6% l’anno prossimo, livello che è ben superato dal tasso di aumento dei salari e sarà superato anche in futuro. Quindi i soldi ci saranno, perché l’Ungheria continuerà a lavorare. Gli assegni familiari saranno mantenuti e persino ampliati. Non rinunceremo a fare in modo che avere figli possa creare una situazione finanziariamente favorevole e non una difficoltà economica. Ci saranno bambini, ci saranno soldi e proteggeremo le famiglie. Questa è la direzione giusta!

Signore e Signori!

Ma sulla questione dell’inflazione, c’è un altro ostacolo, un dosso stradale. Si chiama Bruxelles, che ha liberalizzato i mercati del gas e delle materie prime, ma la legislazione per frenare le fluttuazioni frenetiche non è stata elaborata e introdotta. Così hanno lasciato l’Europa alla mercé degli speculatori finanziari. Questo è un grave errore, perché i prezzi dell’energia sono responsabili per il 50% dell’inflazione. Abbiamo combattuto una battaglia gigantesca per far sì che Bruxelles dichiarasse finalmente sostenibile l’energia nucleare e il gas naturale. Alla fine ci siamo riusciti, ma abbiamo perso molto tempo e la determinazione dei prezzi è già sfuggita dalle mani dei burocrati di Bruxelles. Le loro azioni sono inadeguate e tardive e non risolvono la crisi già in corso. Ecco perché i prezzi elevati dell’energia – per quanto ne sappiamo ora – è possibile che ci accompagnino ancora per anni. Per fortuna, o più precisamente grazie all’intraprendenza ed audacia di Péter Szijjártó, abbiamo noi concluso per tempo vantaggiosi contratti di fornitura di gas con i russi. Ma a Bruxelles, cari Amici, i problemi non stanno diminuendo, anzi aumentano. Invece di un salvagente è possibile che riceveremo un macigno da portare al collo, perché stanno per introdurre una tassa punitiva a carico dei proprietari di case e di automobili in tutta Europa. È assurdo che, oltre ai prezzi elevati, gli Stati membri debbano combattere anche contro Bruxelles. Finalmente qualcuno deve dirlo: il piano di Bruxelles per combattere la distruzione del clima aumentando i prezzi dell’energia è fallito. Ha fallito perché sta distruggendo le imprese e le famiglie europee. È un vicolo cieco. Abbiamo bisogno di un nuovo piano!

Signore e Signori!

Vediamo se ci saranno altre epidemie dopo quella attuale. Oggi il mondo deve convivere con il fatto che all’epoca delle migrazioni si è aggiunta l’epoca delle epidemie. L’epidemia è diventata globale, reclamando vite, attaccando posti di lavoro e paralizzando l’economia mondiale. Non siamo stati risparmiati nemmeno noi, ma almeno siamo stati tra i primi a svegliarci. Siamo stati i primi in Europa a costituire una task force. Siamo stati tra i primi ad acquistare i ventilatori e a preparare gli ospedali a ricevere i pazienti dell’epidemia. Siamo stati tra i primi a ottenere i vaccini necessari, tra i primi a vaccinare più della metà della popolazione e tra i primi a rilanciare il paese. Sembra che ormai abbiamo superato la parte più difficile. Nel frattempo abbiamo introdotto profonde trasformazioni nel mondo degli ospedali. Abbiamo adeguato gli stipendi dei medici. Abbiamo eliminato i pagamenti informali nella sanità. Abbiamo separato l’assistenza sanitaria privata da quella pubblica. E tutto questo, in accordo con l’associazione dei medici, in pace ed armonia, nel mezzo di una pandemia. Grazie per questo! Già durante l’epidemia abbiamo iniziato a sviluppare l’industria sanitaria nazionale. Oggi stiamo producendo ormai tutto ciò di cui abbiamo bisogno o potremmo avere bisogno in caso di un’altra epidemia: mascherine, ventilatori, dispositivi medici. Naturalmente, il progetto più grande è la fabbrica dei vaccini a Debrecen, 55 miliardi di fiorini, che potrebbe entrare in funzione entro la fine dell’anno.

Amici!

Nessuno può garantire che in un’economia globale con milioni di cittadini interconnessi non possano scoppiare sempre nuove epidemie. Ma possiamo garantire che l’industria sanitaria e farmaceutica ungherese – se ce ne sarà bisogno – sarà completamente equipaggiata per affrontare nuove epidemie.

Signore e Signori!

Ed infine: ci sarà un’altra ondata di migranti alle nostre frontiere? Non solo ci sarà, ma c’è già. Ogni giorno centinaia di persone cercano di entrare con violenza nel territorio dell’Ungheria. L’anno scorso 122 mila e nel gennaio di quest’anno già più di 12 mila. Per un po’ abbiamo sperato, me compreso, che se avessimo potuto chiudere rapidamente le nostre frontiere, i migranti avrebbero capito che non valeva la pena tentare di attraversare il confine ungherese. Non l’hanno capito. La ragione può essere che l’Ungheria, come sempre – piaccia o non piaccia, ce ne rendiamo conto o meno – è la fortezza di frontiera del territorio centrale europeo e soprattutto di quello tedesco, verso il quale i migranti sono diretti. La vita delle fortezze di frontiera non è mai stata facile. Finora abbiamo speso più di 600 miliardi di fiorini per proteggere i nostri confini. 600 miliardi di fiorini! Prima della crisi dei migranti, potevamo iniettare questi soldi nell’economia o darli alle famiglie. Oggi dobbiamo spenderli per la difesa. Hunyadi ha fermato le truppe del Sultano a Nándorfehérvár [Belgrado] e noi abbiamo fermato le truppe di George Soros ai nostri confini meridionali. Ma sappiamo anche dall’esempio di Nándorfehérvár che una sola vittoria non risolve nulla e da Nándorfehérvár è facile arrivare fino a Mohács. La protezione delle frontiere richiede prontezza, tenacia e perseveranza costanti. È un lavoro duro, molto duro. Inoltre, dobbiamo guardarci anche alle spalle perché non possiamo essere tranquilli neanche riguardo a Bruxelles. Lì adunano gli agenti di George Soros, i traditori disposti a tutto per trenta monete d’argento, l’esercito guerriero di scribi, esperti e consulenti che vedono gli stati nazionali come un nemico o almeno come un residuo da trascendere e naturalmente i lupi del capitale globale, che fiutano il denaro in tutto, le migrazioni comprese. Stanno tutti lavorando per farci accettare l’invasione, l’inondazione dell’Europa, come lo stato naturale delle cose, come una necessità storica inarrestabile. Da alcune parti ci sono già riusciti. La frontiera italiana è bucata come un colapasta. I francesi a malapena tengono la testa sopra l’acqua. E i tedeschi con semplice onestà si sono dichiarati un paese di immigrati. L’Afghanistan è stato abbandonato, l’Africa ha un’enorme sovrappopolazione che potrebbe riversarsi nel Mediterraneo in qualsiasi momento. L’Europa cristiana è in profonda difficoltà a causa delle sue stesse debolezze interne e della forza delle avversità esterne. Sembra, a me compreso, che il cristianesimo latino in Europa non possa più stare in piedi da solo. Senza l’ortodossia, senza l’alleanza con i cristiani orientali, difficilmente potremo sopravvivere nei prossimi decenni. Ceterum censeo, l’Europa ha bisogno dei popoli dei Balcani.

Cari Amici!

Ricordatevi che le linee di difesa ungheresi resteranno in piedi sul confine solo finché saremo noi al governo. Gyurcsány e la sua compagnia sono stati chiari: „I migranti non fanno male a nessuno, anzi, in una generazione o due diventerebbero anche loro ungheresi, quindi l’importante è che quelli che vengono qui si sentano a loro agio”. Se permettiamo ai burocrati pro-migranti di Bruxelles di aiutare i protagonisti ridicoli e allo stesso tempo pericolosi dello show di Gyurcsány ad arrivare al governo, essi apriranno le frontiere. E una volta che fanno entrare i migranti, non si può più tornare indietro. Qui ci sarà una società così aperta che anche i nostri nipoti ne soffriranno, se saranno ancora qui.

Signore e Signori!

Forse vale anche la pena di parlare qui sul motivo per il quale noi e Bruxelles, e il mondo degli intellettuali, degli esperti, dei politici e degli opinionisti dell’Europa occidentale, non ci capiamo. Perché, senza dubbio, ci fraintendiamo. La pensiamo diversamente sulla preziosa tradizione europea, la pensiamo diversamente sul futuro delle nazioni e degli stati nazionali, la pensiamo diversamente sulla globalizzazione e ora la pensiamo diversamente sulla famiglia, e siamo persino arrivati a pensarla diversamente sulla struttura binaria della società, basata su donne e uomini. E poiché è così, inevitabilmente immaginiamo e desideriamo un futuro diverso per noi stessi e per i nostri figli. E voglio chiarire che noi qui non ci arrenderemo. Il 3 aprile difenderemo i nostri figli in un referendum, il padre è uomo, la madre è donna e giù le mani dai nostri figli!

Non esigo la loro simpatia, ma la verità è che lavoro con loro da trent’anni e la mia personale osservazione è che le differenze nascono dal fatto che noi abbiamo vissuto la fine della guerra fredda in modo molto diverso e quindi ne abbiamo una comprensione diversa, rispetto a loro, i paesi occidentali, che non furono invasi dai sovietici, compresa l’America. Ecco il problema. Il punto è che non hanno vissuto sotto dittature e la libertà, come ha detto Márai, l’hanno ricevuta come eredità. Noi, invece, abbiamo vissuto sotto la dittatura e la libertà non ci è stata data, ma l’abbiamo combattuta. Non sottovalutiamo il contributo dell’Occidente, ma per noi è chiaro come la luce del giorno che la guerra fredda è stata vinta da polacchi, cechi, ungheresi, tedeschi, bulgari, rumeni, estoni, lettoni e lituani, cioè da noi. Sappiamo tutti che l’anticomunismo ed il pensiero nazionale hanno vinto la guerra fredda, restaurando gli stati nazionali. Secondo noi la nazione ha trionfato sulla classe, la fede in Dio ha trionfato sull’ateismo e la proprietà privata ha trionfato sulla proprietà statale socialista. Loro pensano qualcosa di molto diverso. Pensano che la loro democrazia liberale abbia trionfato sul comunismo. Al centro del loro pensiero – allora come oggi – non vi erano gli stati nazionali, ma il mondo globale, governato da organizzazioni, istituzioni e reti globali, collegate da reti commerciali e tecno-comunicative globali. Pertanto, George Soros è francamente il loro eroe – poi naturalmente neanche i suoi quattrini vengono male.

Per questo non riusciamo a trovare l’accordo sulla questione dello stato di diritto e della democrazia. Sappiamo tutti che viviamo in un sistema costituzionale di stato di diritto che è chiaramente stabilito e protetto dalla Legge Fondamentale. Per loro, lo stato di diritto è uno strumento per poterci plasmare a loro immagine. Perciò, non sono interessati ai fatti, né ai nostri argomenti. Ora loro stanno combattendo una guerra santa, una jihad dello stato di diritto. E le parole, cari Amici, raramente aiutano contro la jihad. Qui dobbiamo mostrare forza, quindi al via con la Reconquista! Vale lo stesso per la democrazia. Loro vedono lo smantellamento e la regressione della democrazia, invece noi vediamo la nostra vita quotidiana. Con elezioni, referendum, una stampa di sinistra virulenta e dibattiti politici accesi. Sono come la donna della barzelletta freudiana che fugge dall’ombra terrificante che la insegue. Quando l’ombra la raggiunge, la donna chiede con voce sbiadita: „Cosa vuole da me?” L’ombra risponde: „Io? Ma è Lei che mi sogna!” Quindi è così che stiamo tra di noi e la verità è che non vogliamo diventare come loro e difficilmente possiamo credere che loro vogliano ri-assomigliare a noi. È inutile negare le differenze. Questo dibattito all’interno del mondo occidentale è inevitabile. Il dibattito è ovviamente importante, ma non è la cosa più importante. La cosa più importante è se vogliamo restare insieme. Soprattutto qui in Europa, perché l’Unione Europea ha un futuro solo se riusciamo a stare insieme nonostante la crescente alienazione culturale. Noi, da parte nostra vogliamo mantenere unita l’Unione Europea. E proprio per questo diverse volte abbiamo fatto delle proposte di tolleranza verso Bruxelles e anche Berlino. Non pretendiamo che adottino o elevino a livello europeo la politica migratoria ungherese, la politica familiare ungherese o la politica estera e nazionale ungherese, ma non possono pretendere nemmeno loro che noi adottiamo le loro. Non c’è altra soluzione che la tolleranza. Solo in questo modo possiamo trovare un percorso comune, eppure anche l’UE deve andare avanti, non indietro.

Signore e Signori!

Ecco come stanno le cose nell’inverno del 2022, cinquanta giorni prima delle elezioni. Come possiamo vedere, la posta in gioco delle elezioni è enorme e per gli ungheresi è una questione vitale. Eppure quanto vorremmo vedere finalmente un’elezione che non sia una questione di vita o di morte, ma che semplicemente si tratti di eleggere un buon governo! Ahimè, questo non è possibile ora. Queste elezioni riguardano ancora Gyurcsány e Bajnai che vogliono tornare. Ieri, Ferenc Gyurcsány ha annunciato che sono pronti a tornare. E se ritorna, ci riporterà dove siamo già stati e dove nessuna parte di noi vuole essere. Rievochiamo la delusione che la nuova leadership di sinistra di Budapest ha portato alla gente della capitale. Dopo nove anni di opposizione, hanno ricevuto la possibilità di mostrare cosa sono capaci di fare. Inoltre, il governo sta sviluppando la capitale oltre la forza del paese. Eppure: caos, sporcizia, senzatetto, traffico in tilt, corruzione, leader incompetenti, arroganza e pigrizia. Gli uomini di Gyurcsány si sono seduti in cassa, mentre Bajnai gestisce tranquillamente il sistema delle commissioni. E per tutto questo sono bastati due anni di governo sciupato di sinistra. Tutti possono vedere che loro stanno andando indietro, non avanti. Certo, è vero quanto il sole splende e i venti sono favorevoli, anche un capitano ubriaco riesce a guidare la nave. E con i venti calmi, basta se uno è alto, magro e ama dormire fino a tardi. Ma con venti forti e vorticosi, durante gli avvisi di tempesta, credetemi, ci vuole un buon marinaio. E possiamo avere la pelle spazzata dal vento, le guance aggrottate, la stretta di mano ruvida, le maniere che non sempre seguono il galateo di corte e i movimenti che non sono esattamente quelli di un ballerino di danza classica, ma la vela è la nostra passione e più di ogni altra cosa amiamo la nave di cui siamo responsabili. Conosciamo le onde e rispettiamo il mare. Abbiamo visto tempeste giganti, abbiamo governato in venti enormi e la cosa più importante è che sappiamo dove vogliamo andare. Ecco scritto anche qui davanti a me: avanti, non indietro!

Cari Amici!

La sinistra adesso è uscita con questa stupidaggine che coloro che si uniscono a loro, lasceranno la loro vita indietro, come i discepoli di Cristo che lasciano la rete da pesca. Questo è l’ennesimo candidato di sinistra alla salvezza. Io mi ricordo che anche Ferenc Gyurcsány ha iniziato così. Tuttavia, mi ricorda più un teleguaritore disonesto che ti promette una cura ma ti offre solo un DVD in offerta speciale, 3 al prezzo di 1. E quando hai creduto a tutte le menzogne, hai comprato tutte le pubblicazioni, lui prende i tuoi soldi e scappa alle Bahamas, e tu rimani lì senza cura, con le tasche vuote e un sacco di DVD inutili.

Cari Amici!

Per la quarta volta dal 2010, vogliono venderci la storia di una sinistra cambiata e rinnovata, ricostituita e riorganizzata. Sono sicuro che lo stomaco ungherese non lo prenderà nemmeno per la quarta volta. Ammetto di sperare che, per quanto tenaci siano i comunisti, per quanto avanzata sia la loro tecnologia di clonazione, se li sconfiggiamo ora, non saranno in grado di produrre abbastanza “mini Gyurcsany” per mettere ancora una volta piede sul tornello. L’avversario lo conosciamo. I paracadutisti dello Zio Gyuri ormai quasi quasi li chiamiamo per nome. Non è la prima volta nemmeno che i mercenari di Bruxelles sono schierati contro di noi e noi sappiamo come cacciarli. Ma ora non è di loro che dobbiamo preoccuparci, ma del nostro campo. Cari Amici, non siamo mai stati così forti, organizzati e determinati come ora. Rimbocchiamoci le maniche e mettiamo un punto sulla vicenda. In sella, la campagna è iniziata, è il momento anche per noi di uscire a cavallo!

Attendete il nostro ritorno tra 50 giorni, dalla destra. Il buon Dio sopra tutti noi e l’Ungheria prima di tutto! Forza Ungheria, forza ungheresi!