Egregi Signore e Signori! Cari Ungheresi – sia da questa parte delle frontiere, che al di là! Un caloroso saluto a coloro che festeggiano con noi in Transcarpazia! Buon giorno a tutti noi!
Siamo proprio belli! Anzi, siamo molto belli! Forse non siamo mai stati così belli come oggi. Ci siamo incontrati l’ultima volta 143 giorni fa, il 23 ottobre. Il tempo vola. In quell’occasione ci siamo riuniti per inviare un messaggio alla sinistra che voleva mettersi di nuovo dietro la ruota del governo: “Buda non è ancora perduta”, anzi se vedo bene le probabilità, non sarà perduta neanche Pest. Gli abbiamo lanciato un messaggio: non permetteremo che il nostro Paese venga trascinato di nuovo nell’incubo della sinistra da dove l’abbiamo salvato dodici anni fa. Abbiamo lanciato il messaggio: non permetteremo a loro di portare l’Ungheria di nuovo al fallimento. Abbiamo lanciato il messaggio: l’Ungheria deve andare avanti e non indietro. Abbiamo lanciato il messaggio: noi qui della destra non siamo dei sempliciotti perdenti, spaventati dall’ influente stampa internazionale, dai burocrati di Bruxelles o dai vari ricconi come George Soros, che stanno dietro la sinistra. Abbiamo dato il segnale che avremmo combattuto.
E, cari Amici miei, avete combattuto bene. Molto bene. Abbiamo tutti i 106 candidati, abbiamo tenuto più di cento comizi elettorali da Battonya a Nemesmedves e abbiamo bussato a milioni di porte. La nostra forza e le nostre probabilità migliorano di giorno in giorno. Non mi ricordo l’ultima volta che le nostre stelle erano così ben allineate 19 giorni prima delle elezioni. Abbiamo mostrato la nostra forza e questo ha portato i suoi risultati. I nostri avversari oscillano in uno stato di profonda indecisione e sull’orlo della dissoluzione. Il lupo si è nascosto nella pelle di pecora invano, ora deve pagare il prezzo dell’inganno. Il loro candidato premier, che si credeva una cometa, ora è solo un pezzo di pietra che si è schiantato sulla terra e raffreddato insieme all’intera sinistra. Oggi un intero Paese tira un sospiro di sollievo: che fortuna che l’Ungheria ora non sia nelle mani di questi qua! Nel loro ultimo atto di disperazione hanno invitato qui Donald Tusk dalla Polonia. Hanno portato qui il polacco, di cui si vergognano anche nel suo Paese. Prima ha distrutto il suo stesso partito in Polonia e poi il Partito Popolare Europeo a Bruxelles. Donald Tusk è il gatto nero che porta solo guai alle persone. Un vecchio consiglio, seguiamolo: non impedire mai al tuo avversario di fare errori.
Signore e Signori!
É una vecchia usanza degli ungheresi, che quando il destino del Paese cambia, ci riuniamo, deliberiamo e decidiamo insieme come evitare i guai e quale direzione prendere. Questa è la nostra più grande forza. Lo facciamo da più di mille e cento anni. Era così ad Etelköz, a Pusztaszer, sul campo di Rákos, sul ghiaccio del Danubio, ed era così anche 174 anni fa a Bratislava e Pest-Buda. Siamo diversi, ci occupiamo di mille cose diverse, ma quando c’è bisogno, ci riuniamo e ci uniamo, giovani e vecchi, uomini e donne, urbani e rurali, poveri e ricchi – tutti gli ungheresi. In tempi di pericolo, il Paese decide insieme il suo futuro. E sappiamo che non ci sono solo coloro che possiamo vedere con i nostri occhi. Ci sono anche quelli che possiamo sentire solo con il cuore: gli avi valorosi, i famosi guerrieri, gli antenati coraggiosi. Ed ecco i nostri figli non ancora nati, i nostri futuri nipoti e pronipoti, che saranno i valorosi eroi, i famosi guerrieri e i nostri coraggiosi discendenti delle epoche a venire. Il consiglio degli antichi, il coro dei combattenti di oggi e del futuro. Eccoci qui oggi, l’Ungheria insieme nella piazza principale della nazione.
Abbiamo cose serie di cui parlare. Della guerra e della pace, della salvezza della Patria e della minaccia dei pericoli. Prima di tutto, cari Amici, dobbiamo vedere chiaramente cosa vogliamo. Da quando esiste una memoria nazionale ungherese comune, gli ungheresi hanno sempre voluto la stessa cosa sotto i Carpazi. Che ci sia pace! Che ci sia libertà! Che ci sia concordia! „Che ci sia pace, libertà e concordia!” – così dissero i giovani del marzo del 1848. Ma questo non può rimanere un semplice desiderio, perché così svanisce come un soffio d’aria leggera. Per la pace, la libertà e la concordia, abbiamo bisogno della medesima cosa: la forza.
Un popolo debole non ottiene la pace, al massimo sarà graziato. Una nazione debole non ottiene la libertà, al massimo ottiene una ciotola di gulasch scadente nella sua baracca. Un popolo debole non può costruire alcuna concordia, al massimo può rassegnarsi al suo destino. Pace, libertà e concordia sono il premio delle nazioni forti. La prosperità, la fiducia in se stessi, la sicurezza e la vita tranquilla appartengono a loro. Il vento gonfia sempre la vela dei forti, la loro nave giunge sempre in porto, sono favoriti dalla fortuna e cadono sempre in piedi. Ecco perché Széchenyi, Kossuth, Petőfi e tutti gli altri sognavano un’Ungheria forte, e per questo sogniamo con loro anche noi. Vogliamo un Paese forte che, sebbene secondo le leggi della natura non possa staccarsi dal sistema solare dei popoli, giri sempre intorno al proprio asse e non ceda all’attrazione di altri pianeti e non permetta agli interessi di popoli stranieri di segnare la sua traiettoria. Per questo ci vuole forza, una forza che imponga rispetto. Stiamo raccogliendo questa forza, stiamo costruendo questa Ungheria forte anno dopo anno, ormai da dodici anni. È per questo che sosteniamo le famiglie e abbiamo creato un milione di nuovi posti di lavoro. Per questo abbiamo tassato le multinazionali, abbiamo ridotto le bollette e per questo abbiamo mandato a casa l’FMI. Non siamo stati colpiti da inondazioni, migrazioni o pandemie, e non vogliamo essere colpiti né dalla guerra né dalla sinistra il 3 aprile.
Egregi Signore e Signori! Cari partecipanti!
Il Paese più bello del mondo l’abbiamo noi. Il Signore ci ha dato la lingua più bella del mondo. Le persone più intraprendenti del mondo nascono su questa terra: la produzione della vitamina C dalla paprika, i cubi che si girano e si rigirano, i vaccini mirati a distruggere virus sconosciuti. Ed è anche il paese di gente di buon cuore: tutta gente meravigliosa, da Santa Elisabetta alle migliaia di persone che aiutano i rifugiati che scappano per salvarsi la vita. Questo è tutto molto bello e buono, ma tutto ciò non basta. La bellezza, l’ingegno e la generosità fanno un Paese felice solo se sono abbinati alla forza. Prima dobbiamo avere la forza e poi avere ragione, non il contrario. Siamo in 15 milioni in tutto il mondo. Viviamo all’orizzonte di Paesi più potenti: tedeschi, russi, turchi e ultimamente anche americani. Ma questo non è un motivo per scoraggiarsi, né per avere paura e nemmeno per la sottomissione. La forza non è solo una questione di muscoli. Non si può atterrare un leone, ma si può gettargli la sabbia negli occhi; un orso è imbattibile a braccio di ferro, ma si può mettergli un anello e una catena nel naso, un lupo può essere attirato in una fossa e noi sappiamo anche che si può fare lo spezzatino da un cinghiale.
Cari Amici miei!
Un Paese deve prima di tutto essere forte nel suo spirito, come i giovani della rivoluzione di marzo. Siamo noi che fissiamo i nostri obiettivi e nessuno può dissuaderci dal farlo. Non ci flagelliamo e non ci piangiamo addosso per essere ungheresi e non lasciamo neanche che gli altri ci flagellino o ci compatiscano. Non ci inchiniamo, non ci rannicchiamo e non nascondiamo le nostre opinioni, nemmeno se non piacciono ad altri. Non abbiamo il desiderio di piacere a tutti, perché è impossibile e comunque neanche a noi piacciono tutti. Non invidiamo il successo degli altri, vogliamo semplicemente essere migliori di loro. Non abbiamo paura del cambiamento, perché lo vediamo come un’opportunità e non abbiamo paura dei nostri avversari, perché dalle pietre che ci vengono lanciate possiamo costruire una scala per noi stessi.
Nel 2010 quando l’Ungheria era la più debole e toccava a noi governare di nuovo, abbiamo giurato di essere uniti con un patto indissolubile, di confidare nella volontà comune che avrebbe superato tutti gli ostacoli, di difendere sempre l’Ungheria e di non mollare mai, mai nemmeno per un solo minuto. Questo è quello che ci è successo, questo è il cambiamento che ci ha travolto, che ci ha portato avanti, questo è quello che ha sollevato l’Ungheria e ci ha portato dove siamo oggi. Sono nati 200 mila bambini in più che non sarebbero nati se la sinistra fosse rimasta al governo. Chi vuole lavorare trova lavoro. Abbiamo una costituzione nazionale e un milione di nuovi cittadini in più e tutti i 15 milioni di ungheresi hanno una patria. Un paese, una patria e una nazione! E finalmente abbiamo una politica estera degna di questo nome. Siamo capaci di chiudere le frontiere ai migranti, avremo un esercito potente, un’industria della difesa di livello mondiale e università rispettabili. I più grandi investimenti culturali del mondo occidentale stanno avvenendo a Budapest e i più grandi eventi sportivi del mondo si susseguono uno dopo l’altro. “Bello sarà di nuovo il nome magiaro, degno della gran fama antica”, perché il mondo rispetta solo coloro che hanno il coraggio e la forza di farsi valere.
Egregi Signore e Signori!
Dobbiamo anche essere chiari su come siamo messi con la guerra. Non abbiamo avuto un 15 marzo come questo a memoria d’uomo. La guerra è scoppiata nelle nostre vicinanze. In un paese dove vivono centinaia di migliaia di ungheresi. I nostri soldati e poliziotti ora devono garantire con le armi la sicurezza della frontiera meridionale oltre a quella orientale. Grazie a loro! Stiamo portando avanti il più grande programma di aiuti umanitari di sempre. La crisi energetica che sta già devastando l’Europa occidentale bussa alla nostra porta. Ci sono voluti due anni per sconfiggere finalmente una pandemia che non si vedeva da cento anni e come se non bastasse c’è anche la sinistra ungherese. Siamo entrati nell’epoca dei pericoli. Ora non c’è spazio per gli errori, non c’è spazio per la fretta e non possiamo permetterci di prendere una sola decisione sbagliata. L’Ungheria si trova al confine tra mondi, tra est e ovest, tra nord e sud. Da queste parti le guerre non vengono combattute per noi e nel nostro interesse. Chiunque vinca noi ci perdiamo. L’Europa centrale è solo una scacchiera per le grandi potenze del mondo, e per loro anche l’Ungheria è solo una pedina. A volte ci spinge in prima linea uno a volte l’altro. Se i loro obiettivi lo richiedono e noi non siamo abbastanza forti ci sacrificano. Conosciamo troppo bene dalla nostra storia la natura della guerra. Ci sono Paesi che vogliono raggiungere i loro obiettivi attraverso la guerra, ma noi sappiamo bene che la guerra migliore è quella che riusciamo ad evitare. La Russia guarda ai russi, l’Ucraina agli interessi ucraini. Né gli Stati Uniti né Bruxelles penseranno con una testa ungherese e sentiranno con un cuore ungherese. Dobbiamo rappresentare i nostri interessi – con calma e con coraggio.
Amici miei!
È nel nostro interesse non sacrificarci come pedoni nella guerra di qualcun altro. In questa guerra non possiamo vincere nulla, ma possiamo perdere tutto. Dobbiamo restare fuori da questa guerra! Nessun ungherese può essere preso tra l’incudine ucraina e il martello russo, quindi non invieremo né soldati, né armi sui campi di battaglia.
Amici miei!
La sinistra ha perso il suo buon senso e barcollerebbe come un sonnambulo in una guerra crudele, prolungata e sanguinosa. La sinistra vuole inviare soldati e armi ungheresi al fronte. Questo non lo permetteremo. Non permetteremo alla sinistra di trascinare l’Ungheria in questa guerra! Non permetteremo alla sinistra di fare dell’Ungheria un obiettivo militare, né di fare degli ungheresi in Ungheria e in Transcarpazia un obiettivo militare! Noi ungheresi sappiamo bene chi sono coloro che raccolgono di solito i frutti di queste guerre. Siamo abbastanza forti per resistere ai piani della sinistra e dei guerrafondai dietro di loro.
Egregi Signore e Signori!
Katalin Novák, la nostra nuova Presidente della Repubblica – Dio la benedica – ha detto che le donne vogliono vincere la pace, non la guerra. E sembra che le donne abbiano di nuovo ragione. La guerra distrugge, la pace costruisce. Le madri sanno che ci vogliono vent’anni per far crescere un uomo, ma bastano venti secondi per distruggerlo. Le donne non vedono una battaglia tra Est e Ovest, ma madri ucraine e russe, bambini orfani, capifamiglia, figli e padri uccisi. Invece del potere coercitivo delle sanzioni vedono la privazione. Se vogliamo porre fine alla guerra, se vogliamo che l’Ungheria resti fuori dalla guerra, dobbiamo ascoltare le donne. Nel momento migliore, per la prima volta nella nostra storia, una donna è appena diventata Presidente della Repubblica d’Ungheria.
Egregi Signore e Signori!
Questa guerra non sarebbe mai dovuta avvenire. L’Ungheria ha fatto tutto quello che poteva e doveva fare per la pace. Non possiamo escludere che il giorno delle elezioni parlamentari e del referendum, i cannoni tuoneranno ancora dai nostri vicini. Non abbiamo mai avuto elezioni in una situazione del genere. Il pericolo della guerra non diminuisce, ma aumenta fino al cielo la posta in gioco delle elezioni. Una destra per la pace o una sinistra per la guerra? Costruzione o distruzione? Avanti o indietro? Noi diciamo di voler preservare la pace e la sicurezza dell’Ungheria. Chi vota per la pace e la sicurezza vota per Fidesz. Dobbiamo sentire con un cuore cristiano e ragionare con una mente ungherese. Ora tutti possono vedere la differenza da vicino tra donne terrorizzate che fuggono dai combattimenti, aggrappate a bagagli e bambini e i migranti provenienti da migliaia di chilometri di distanza che assediando i nostri confini. L’Ungheria aiuta i profughi, ma continua a rifiutare la migrazione. Non sappiamo neanche noi come andrà a finire la guerra. Non sappiamo cosa porterà il futuro. Dobbiamo essere pronti per tutte le eventualità. Abbiamo bisogno di un governo che possa essere colto di sorpresa e che non si avventuri in mare aperto per la prima volta. Non è questa l’ora degli amatori, questo non è il tempo dei dilettanti. Noi non siamo principianti e abbiamo visto parecchi corvi allineati sui pali. Inoltre siamo tanti, siamo forti e siamo uniti. Siamo uniti e per questo vinceremo anche il referendum per fermare alle frontiere dell’Ungheria la follia del gender che sta travolgendo il mondo occidentale. Proteggeremo le nostre famiglie e i nostri figli! Il padre è un uomo, la madre è una donna e i nostri figli debbono essere lasciati in pace!
Egregi Partecipanti!
Il nostro Paese è alle prese con grandi pericoli e il miglior rimedio per un grande pericolo è una grande vittoria. E abbiamo tutte le possibilità di vincere, a condizione che ognuno faccia la sua parte nei prossimi 19 giorni. Una volta ho chiesto a Schwarzenegger quante flessioni facesse in un giorno. Ha risposto: „comincio a contare solo da quando fa male”. Siamo anche noi così in campagna elettorale. Ora il dolore è nostro amico, ora è il momento di mettercela tutta. Vi chiedo per favore, mettetecela tutta!
Penso che abbiamo discusso tutto. Son passati 31 giorni da quando siamo partiti. Abbiamo fatto molta strada e molte persone si sono unite a noi, il Paese è al nostro fianco. Dobbiamo vincere queste elezioni e le vinceremo. Vinceremo e ci sarà pace, sicurezza e tranquillità in Ungheria. Abbiamo tenuto il consiglio oggi, ora mettiamoci sul rettilineo d’arrivo. Abbiamo 19 giorni di strada da fare e alla fine, il 3 aprile, ci scontreremo con loro. Allora andiamo a vincere la battaglia più importante della nostra vita! Diamo loro il dovuto e difendiamo l’Ungheria! Noi ungheresi insieme, non per gli altri, ma per noi stessi. In alto le bandiere! Verso la vittoria! Il buon Dio sopra tutti noi e l’Ungheria prima di tutto!
Forza Ungheria, forza ungheresi!