Discorso celebrativo di Viktor Orbán in occasione del 65˚ anniversario della rivoluzione e della lotta per la libertà del 1956
Budapest, 23 ottobre 2021

Buongiorno, Ungheresi! Buongiorno, Polacchi! Buongiorno Italiani!

Saluto rispettosamente il popolo della libertà nella capitale della nazione! È molto tempo che non ci vediamo. Abbiamo molto di cui discutere questo pomeriggio. Ma soprattutto da ricordare. Commemoriamo i giorni di 65 anni fa e il pomeriggio di quindici anni fa. In questo luogo insolito. Quindici anni fa, in questi minuti, qui, all’angolo tra via Andrássy e via Bajcsy-Zsilinszky, il passato e il presente si sono scontrati. Quindici anni fa i giovani comunisti hanno trasformato il giorno 23 ottobre in un 4 novembre. Da un lato ci sono lacrimogeni, proiettili di gomma, pistole elettriche, uniformi senza identificazione ed uso di idranti. Dall’altra parte c’era la nazione ingannata e umiliata, che, cinquant’anni dopo, dovette sentire di nuovo che gli avevano mentito mattino, sera, notte. Da una parte c’è un potere ottenuto con centinaia di trucchi, protetto con le unghie e con i denti, e dall’altra, ci sono delle persone disperate, che si erano schierate dietro le gigantesche lettere della parola libertà.

Ci sono dei momenti nella vita di ogni nazione in cui improvvisamente tutti dicono “Basta!”, le cose non possono andare come sono andate finora. Bisogna prendere una decisione, e la nostra decisione dimostra chi siamo veramente. Un’intera nazione rivela quanto vale. Tace o protesta, si arrende o si ribella, abbassa lo sguardo o si erge, si inginocchia o lotta. Non puoi nasconderti, perché una verità superiore – impossibile da contraddire – si manifesta e ti sfida: devi stare da una parte o dall’altra. In un battito di ciglia viene fuori chi è buono e chi è cattivo, chi sta dalla parte buona della storia e chi dalla parte cattiva. Noi Ungheresi abbiamo preso la decisione giusta. Abbiamo protestato, ci siamo alzati, ci siamo ribellati e abbiamo lottato. Libertà dalla schiavitù, indipendenza contro l’occupazione, patrioti ungheresi contro i comunisti. Ricordiamo il giorno meraviglioso in cui noi Ungheresi abbiamo mostrato a noi stessi, al mondo e ai nostri nemici chi siamo veramente. Ricordiamo il giorno in cui non ci siamo chiesti se Dio fosse con noi, ma se noi fossimo con Dio. Una forza enorme si è mossa dentro di noi e i pilastri dell’impero comunista hanno tremato. Ricordiamo un momento che vivrà per sempre nella memoria delle nazioni libere del mondo. La nazione ungherese si è riscoperta in un batter d’occhio, e il nome dell’Ungheria è diventato di nuovo bello, degno della sua vecchia, grande reputazione. Ricordiamo il momento in cui il cardinale e l’operaio, gli accademici e i ragazzi di Pest, l’arciduca e il partigiano diventato ministro della guerra volevano la stessa cosa. Ricordiamo il sentimento che trapassava la cortina di ferro che separava le parti della nazione, che permeava le assemblee studentesche in Transilvania e le celle delle prigioni di Samosújvár. Mansfeld, Wittner, Szabó, Pongrác, Nagy e Mindszenty. Li osserviamo, ma vediamo una sola nazione. Una nazione ungherese orgogliosa, a cui tutti noi apparteniamo. Onore agli eroi!

Questa è l’Ungheria che è stata sfidata dalla nuova generazione di comunisti nel 2006. Sono arrivati al potere a costo di bugie. Ci hanno illusi con tagli fiscali ma poi hanno aumentato le tasse. Hanno introdotto i ticket sanitari, la visita medica a pagamento, mentre il costo delle utenze domestiche è salito alle stelle. Hanno tolto la tredicesima mensilità e abolito gli assegni familiari. In collusione con il mondo bancario internazionale, hanno intrappolato centinaia di migliaia di famiglie con prestiti in valuta estera. Il paese è stato svenduto, tutto è stato venduto agli stranieri, aeroporti, compagnie energetiche nazionali, servizi pubblici. E dopo averla saccheggiata, hanno mandato in bancarotta l’intero paese e ci hanno messo al guinzaglio del FMI. Tieni, zoppo ungherese, ecco una gobba! E quando abbiamo alzato la voce, hanno risposto con gas lacrimogeni, proiettili di gomma e cariche di cavalleria. Hanno sparato negli occhi dei manifestanti, hanno colpito con manganelli le donne indifese e gli anziani. Qui dove ci troviamo ora, quindici anni fa, le strade di Pest erano piene di violenza, sangue e lacrime. Tutto questo è successo nel cinquantesimo anniversario della rivoluzione del ’56, davanti agli occhi del mondo. Lo dico lentamente perché tutti capiscano: non li dimenticheremo mai!

Signore e signori!

Secondo l’umorismo di Pest, non bisogna offendersi quando si ha un motivo per farlo, ma quando ne vale la pena. Abbiamo aspettato il momento giusto. Abbiamo aspettato pazientemente quattro lunghi anni, pronti a prenderci la nostra vendetta. Dio è stato giusto, loro sono stati puniti con quello con cui noi siamo stati premiati: la nostra vittoria elettorale di due terzi. Ci siamo uniti come nel ’56 e abbiamo spazzato via l’Ungheria socialista. Nel 1956, Ernő Gerő e la sua famiglia fuggirono a Mosca, ma noi non siamo stati così fortunati nel 2006. I socialisti e il loro leader sono rimasti con noi. É rimasto e da allora vagano tra noi infestando la vita pubblica come il fantasma del Parlamento. Adesso basta un solo momento di ebbrezza per essere soddisfatti, ma ci sono voluti anni per rimediare ai danni prodotti dalla Sinistra. E’ un miracolo ed una fortuna che nel frattempo l’unità nazionale sia sopravvissuta per tutto questo periodo, e che le rovine siano state spazzate via dall’impegno congiunto di operai, ingegneri, agricoltori, piccoli e grandi imprenditori, scienziati, insegnanti, infermieri e medici. Abbiamo rimesso in piedi l’Ungheria. Abbiamo creato un milione di nuovi posti di lavoro. Ci siamo sbarazzati dei debiti in valuta estera, abbiamo abbattuto le tasse e raggiunto un importante traguardo: l’anno prossimo il salario minimo sarà più alto di quanto fosse il salario medio sotto il governo socialista. Abbiamo riottenuto le società di servizi pubblici, le banche e i media e abbiamo aumentato di una volta e mezza la ricchezza nazionale.  Abbiamo tassato le multinazionali, protetto le famiglie e tagliato le bollette, portandole al livello minimo in Europa. L’Ungheria è ora abbastanza forte da potersi permettere di valorizzare i cittadini meno giovani e quelli più giovani allo stesso tempo. Sarà ripristinata la tredicesima e l’anno prossimo i giovani che lavorano non pagheranno tasse. E le famiglie con bambini potranno ottenere il rimborso della tassa che hanno pagato quest’anno. Abbiamo il patrimonio del nostro mondo magiaro e della nostra vita magiara, abbiamo una costituzione che garantisce che non potranno mai più farci quello che ci hanno fatto nel ’56 e nel 2006. Abbiamo superato le frontiere che separavano le divisioni etniche e abbiamo riunito gli Ungheresi. Ci sono voluti milioni di volontà unite e di mani operose. Quelli che credevano nel potere dell’amore e dell’unità meritano la gloria e il riconoscimento. È vero, ci ha giovato avere un governo sano e capace.

Signore e signori!

Non dimentichiamo che quando abbiamo tagliato le spese delle bollette, quando abbiamo eliminato i profitti extra delle multinazionali e quando abbiamo rifiutato il FMI, tutta l’Unione Europea ci ha attaccato. E ci hanno attaccato anche quando abbiamo fermato i migranti, costruito la recinzione e protetto i nostri confini. Decine di primi ministri hanno attaccato l’Ungheria, noi siamo ancora qui, ma chi si ricorda i loro nomi? È una vecchia canzone, cari Commemoranti! Proprio come nel 1849, 1920, 1945 e 1956, l’aristocrazia europea sta ancora una volta cercando di deliberare passando sopra le nostre teste, su di noi, ma senza di noi. Ci renderanno europei, sensibili e liberali, anche se dovessimo morire. Bruxelles oggi parla e si comporta con noi e con i polacchi come se fossimo suoi nemici. Abbiamo una sensazione di déjà vu, un’aria di dottrina Brezhnev che pervade l’Europa. È ora che Bruxelles capisca che anche i comunisti non sono a noi graditi. Noi siamo la sabbia nel motore, il bastone tra le ruote, la spina sotto l’unghia. Noi siamo il Davide che Golia doveva evitare. Siamo quelli che hanno scosso il comunismo mondiale nel ’56, e siamo quelli che hanno buttato giù il primo mattone del muro di Berlino. E noi siamo ancora in piedi, e tutto quello che stiamo dicendo è che gli ungheresi avranno ragione. E poiché secondo il proverbio ungherese le verità ungheresi sono tre, dopo la riduzione delle bollette e la questione dei migranti, avremo ragione per la terza volta: ci sarà un referendum e proteggeremo i nostri figli. L’Ungheria sarà il primo paese in Europa in cui fermeremo alle mura delle scuole la violenta propaganda LGBTQ.

E non dimentichiamo che chiunque fosse l’avversario, chiunque dovessimo affrontare, la sinistra ci ha sempre pugnalato alle spalle e ci faceva male dove poteva. Come tutti possono vedere, si stanno organizzando di nuovo, seminando la discordia, l’odio, la lotta e la violenza. I nostri avversari credono che se nascondono il lupo in veste di agnello, non lo riconosceremo. Ma lo capiamo subito: sappiamo che è un lupo. Sappiamo anche che il lupo mangerà la nonna, e l’ha già mangiata ed è per questo che tutti coloro che sono stati in lotta con il lupo sono scomparsi nel tritacarne della „coalizione” e, credetemi, là c’è ancora spazio per più gente insignificante. È scritto: guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore. Li riconoscerete dai loro frutti. L’albero buono porta frutti buoni, l’albero cattivo porta frutti cattivi. Infatti, sull’albero della sinistra solo la politica di sinistra può crescere. Esiste solo una sinistra, non importa in quanti modi si mascherino. Iniziano con le bugie, continuano con la violenza e lasciano il fallimento dietro di sé. Coloro che quindici anni fa hanno fatto sparare sulla folla si preparano oggi a salire di nuovo sul palco. E da qualche parte oltre l’Oceano, lo zio “Giorgio” (Soros) si sta preparando. Quando sarebbero dovuti venire, non l’hanno fatto; ora che non li abbiamo chiamati, sono qui. Ora gli invasori non vogliono imporci i loro commissari, ma vogliono farli eleggere. Ora non hanno armi da fuoco, ma hanno Facebook. Penso che siamo stati fraintesi. Il nostro invito era di liberarci dall’occupazione sovietica, non di interferire nella nostra democrazia.

Cari Commemoranti!

Coloro che rovesciarono la statua di Stalin nel 1956 non erano oratori colti, leader guerrieri del popolo o generali ben addestrati. Gli eroi del momento storico mondiale del ’56 erano i semplici figli e figlie del popolo ungherese, proprio come noi qui in questa piazza. Ciò che conta oggi non è quello che vogliono Bruxelles, Washington e i media guidati dall’estero. Il destino degli ungheresi sarà deciso dagli ungheresi. Il 23 ottobre è monito a non dimenticare mai la nostra responsabilità privata e personale. Millecento anni si sono bruciati nel nostro DNA e qui nel Bacino dei Carpazi dobbiamo lottare per la libertà ogni giorno, ancora e ancora. La lotta per la libertà richiede non solo cuore, non solo cervello, ma anche forza. La nostra forza, cari amici, è la nostra unità. Nell’unità c’è la forza. Siamo insieme perché crediamo nelle stesse cose: nella famiglia, nella nazione, crediamo tutti in un’Ungheria forte e indipendente. Chi difende la sua famiglia e la sua nazione contro gli attacchi stranieri può contare non solo sul suo cervello, il suo cuore e la sua forza, ma anche nell’avere ragione. La giustizia, cari amici, era allora ed è ora dalla parte dei combattenti per la libertà. È questa verità che ci ha tenuti qui nel cuore dell’Europa: la verità degli Ungheresi. E per secoli abbiamo sempre voluto la stessa cosa, come nel ’56, nel 2006 e oggi. Giustizia per l’Ungheria!

Non possiamo pensare di avere sempre ragione in ogni situazione, ma abbiamo sempre ragione quando siamo attaccati e ci difendiamo. Abbiamo ragione quando difendiamo la verità dei nostri nonni e dei nostri genitori su come vivere e su come si vive. Su cosa abbia valore e su cosa non abbia valore nella fugace ed effimera vita umana. Questa è l’invincibile verità che rafforza. La verità degli ungheresi è in voi, lì, cari amici, è in tutti voi, impressa nelle vostre anime. Ascoltatela.  Proclamatela, agite secondo il suo suggerimento. E quando sarà il momento, ponetevi davanti alla vostra casa e proteggetela. Se vogliamo proteggere la sicurezza delle nostre famiglie, i confini del nostro Paese, il futuro dei nostri figli, i frutti del nostro lavoro, le nostre pensioni, i nostri stipendi, la riduzione delle bollette, se vogliamo preservare la nostra cultura, i nostri costumi, la nostra lingua, ovvero se vogliamo difendere la libertà della nostra vita quotidiana, allora tutti debbono fare la propria parte nella lotta che ci attende. Quello che abbiamo ottenuto ieri e l’altro ieri, lo dobbiamo proteggere domani. Quello che basta oggi, domani sarà poco. Contiamo su tutti gli ungheresi a cui importa del futuro dell’Ungheria. Per noi l’Ungheria viene prima di tutto e dunque anche coloro che non votano per noi, non potranno che trarre beneficio dal nostro governo.

Cari Commemoranti!

So che ci sono tante persone che non prendono sul serio i nostri avversari. Molti pensano che ci siamo già presi la nostra rivincita per il 2006, che stiamo ottenendo delle vittorie elettorali una dopo l’altra, che il paese sta andando bene e quindi non c’è nulla da temere. E infatti: quello che la sinistra sta facendo ha più a che fare con l’industria dello spettacolo che con una politica responsabile. Hanno scritto su manifesti affissi sui tabelloni pubblicitari a lettere cubitali che ci avrebbero sconfitto, poi non sono nemmeno arrivati a Natale. Hanno organizzato un’elezione per loro stessi, ma non sono riusciti nemmeno a vincere le elezioni in cui erano gli unici candidati. Fanno a gara per vedere chi di loro sarà il commissario di Bruxelles o il successore di György Soros. Chi sarà quella persona che governerà gli ungheresi grazie alla loro grazia, chi sarà il nuovo pascià di Buda, il nuovo Presidente del Consiglio dei Governatori o il nuovo Segretario Generale del partito. Dicono apertamente che desiderano allearsi con il diavolo per riconquistare il potere. Il loro obiettivo è quello di prendere l’Ungheria dalle mani di Maria Vergine e metterla ai piedi di Bruxelles.

Cari Amici!

È vero che non ci dovremmo riunire in così gran numero a causa di qualche partito di sinistra, ma un uomo saggio non si fa illusioni. Non dobbiamo farci ingannare dal giudizio tremolante e dalla spettacolare sfortuna della sinistra. Non è questo che conta. Ciò che conta è il potere degli attori internazionali dietro di loro. Ciò che è potente, ciò che è la vera sfida, persino la minaccia, è lo sfondo internazionale, i soldi, i media e la rete dietro di loro. Questa è una forza così grave che solo milioni di ungheresi possono sconfiggere e solo insieme possono cacciare dal paese. Vi diciamo in tempo che quelli che finora ci hanno morso, gli si sono spezzati i denti. Nonostante la grandezza del nemico, non siamo scappati e non ci tireremo indietro adesso, perché sappiamo che lo supereremo insieme. Guardate la persona accanto a voi: se la guardate negli occhi, vedrete che potete contare su di lui. Farà del suo meglio per farci passare attraverso anche il muro più fitto. Questa è la nostra forza, questa è la nostra risorsa e non ci sono abbastanza dollari o euro nel mondo che possano portarceli via. Venni, vidi e vinceremo ancora!

Dio sopra tutti noi, l’Ungheria sopra tutti! Forza Ungheria, forza Ungheresi!